martedì 28 ottobre 2008

Conchiglie giganti sulle sponde dell'arno




“Ho una vasta collezione di conchiglie che tengo sparse per le spiagge di tutto il mondo” scriveva il poeta Steven Wright e una parte di questa collezione la tiene esposta anche sulle rive dell’Arno, fra la sabbia, l’acqua torbida e le piante autoctone. Alcune di queste bivalve, le Unio per essere esatti, arrivano anche a toccare i 18 centimetri di larghezza, più o meno la lunghezza di una mano. Si nascondono bene nelle anse del fiume che d’argenteo non ha più nulla. Brune e ruvide fuori, internamente racchiudono un tesoro opalescente inaspettato: un piatto ampio e perlaceo si offre ai collezionisti più esigenti. Se in questi giorni d’autunno, passando per le sponde del fiume vi capita di vedere cercatori chini, come mondine, armati di guanti e stivali, frugare nella limacciosità dei gorghi, sappiate che gli indomiti sono cercatori di conchiglie, collezionisti curiosi attratti dalla straordinarietà di queste inusuali “perle di fiume”. Ma non è tutto oro quello che luccica: al piacere di scoprire conchiglie giganti in Arno si assomma la consapevolezza della moria di molluschi che le abitavano.
“Già nel 2005, andando in Arno, per un monitoraggio richiesto dall’Autorità di Bacino e da Legambiente, mi sono imbattuta in queste bivalve – ci spiega Beatrice Pucci, biologa, esperta in problematiche della qualità dell’acqua e membro dell’Associazione Italiana Ricerca Biologica Ambientale – e la peculiarità di questi ritrovamenti furono di tre tipi: la dimensione cospicua delle conchiglie, il fatto che ce ne fossero in quantità eccessiva e che la maggior parte di queste fossero morte. Mi ricordo che ce n’era una forte concentrazione soprattutto a sud di Firenze, da sotto ponte alla Vittoria verso i Renai. Il fatto che anche oggi ne emergano così tante, specialmente a valle della città, è un segnale del tasso d’inquinamento del fiume. La dimensione notevole e la quantità fuori media si possono addurre all’ambiente in cui si trovano: i molluschi in quanto filtratori trovano in Arno cibo a volontà, di conseguenza crescono a dismisura. Gli organismi che vivono qui naturalmente, si sono sviluppati così tanto anche grazie alla scomparsa dei microrganismi più sensibili che hanno determinato delle nicchie ecologiche vuote. In questi “spazi” l’organismo più resistente si insedia con facilità crescendo più della media. Il perchè ce ne siano tante morte (quindi senza mollusco, nda) è un fattore che andrebbe indagato e approfondito più da vicino. Sicuramente è l’ennesimo dato che segnala il considerevole inquinamento del fiume. A mio avviso l’Arno ha ancora delle forti potenzialità di recupero, ma bisogna fare interventi di risanamento mirati e seri al fine di riportare quell’equilibrio naturale che oggi abbiamo perduto”.
A tale proposito i dati pubblicati dall’Arpat sullo stato di salute delle acque non ci confortano affatto. Infatti il requisito “sufficiente” previsto al 2008 dal D. lgs 152/06 risulta raggiunto solo nelle stazioni collocate a monte di Firenze, mentre a valle tale obiettivo è lontano a venire e lo si potrà raggiungere solo con interventi atti alla depurazione degli scarichi civili e industriali che a tuttoggi riversano in Arno. E’ per questo che le conchiglie (per buona pace dei collezionisti) vengono a galla, senza ospite però, abbandonate dal mollusco che a modo suo ci richiama all’ordine lanciando il suo grido d’allarme.
pubblicato dal Corriere Fiorentino